Ombre dal passato

romantico, thriller, mistero, avventura

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. *Amigdala*
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    A me stessa, perchè non mi sono mai dedicata niente e perchè questa è la storia che vorrei leggere più di tutte.

    Hj4VRix

    Ombre dal passato

    Parte prima: la gioventù della nazione.




    "Quando un bambino scompare, il posto che aveva occupato è immediatamente riempito da dozzine di persone. Parenti, amici, agenti di polizia, giornalisti, tutti si sentono animati da un forte senso di condivisione e fiera dedizione all'impresa. Ma nel bel mezzo di tutto quel chiasso, nulla è più rumoroso del silenzio del bambino scomparso."
    Dennis Lehane, La casa buia


    ***


    “Pensi che sarà così sempre?”
    “Così è adesso.”
    “Vorrei che durasse più che solo adesso.”
    The Sleepers, Lorenzo Carcaterra


    Prologo.

    Boston, 2000

    La stanza dove era seduto Brendan era la stessa che aveva visitato negli anni precedenti. Assomigliava in maniera disarmante alla sala interrogatori che si vedeva spesso in Nash Bridges, di cui trasmettevano le repliche presto la mattina, e per la quale Miss Potter aveva una cotta tremenda. Era piuttosto spoglia, con un tavolo rettangolare di fórmica e sedie di plastica pieghevoli. C’era una finestra da cui scorgere il mondo all’esterno: una striscia di terra ingiallita dal sole, i profili delle imbarcazioni lontane che si preparavano a solcare l’oceano verde, sporadici lavoratori già provati dall’afa mattiniera.
    Anche la donna che gli stava di fronte era quasi identica a quella della volta passata, ad eccezione dei capelli sale e pepe radi sulla nuca che, per quanto le assistenti fossero tutte uguali per lui, si sarebbe ricordato di certo. Questa, inoltre, aveva modi più spicci e un tailleur grigio antracite che non si sposava bene con la carnagione diafana che la caratterizzava. Continuava a picchiettare il fascicolo sul tavolo, spostando lo sguardo prima su di lui, sulla cartelletta posata ai suoi piedi e infine sulla stessa finestra che aveva catturato l’attenzione di Brendan.
    «Senti, lo so cosa pensi: ho visto centinaia e centinaia di ragazzi passare da qui, e ti sorprenderà sapere che la maggior parte non vuole affatto lasciare l’orfanotrofio dalla quale proviene. Sono spaventati, credono che le famiglie non si prenderanno cura di loro, che non riusciranno ad adattarsi, che perderanno di vista quei pochi visi familiari che hanno imparato a riconoscere, e a volte è così. Purtroppo il nostro non è un sistema infallibile, ci sono cavilli e pratiche burocratiche e, come spesso accade quando si tratta di persone, mille e più questioni che non si riesce a prevedere. Questo, però, non può impedirci di prendere il meglio da ciò che ci viene posto davanti.»
    Si passò una mano sulla fronte accaldata, occhieggiando il bicchiere d’acqua di fronte a Brendan con una gran voglia di afferrarlo. Non lo fece.
    «I Miller sono brave persone. Hanno già un figlio, Matt, che ha poco più della tua età. Fra un po’ partirà per il college, un’università sulla West Coast, non sarà un problema per te. Ti cederanno la sua stanza, e quando lui tornerà a farvi visita potrà accamparsi sul divano, lasciandoti tutta la privacy di cui hai bisogno. Avrai l’affetto che meriti e i soldi per comprarti i giornaletti, le caramelle e tutto quello che finora non hai potuto permetterti» disse ancora, resistendo all’impulso di allentarsi il colletto della camicia, preferendo invece tirarsi il lobo dell’orecchio in un gesto che sembrava piuttosto abitudinario.
    «Non sono tanti i genitori che decidono di adottare un adolescente. I Miller sono la tua ultima possibilità.»
    Calò il silenzio, e Brendan intuì che l’assistente sociale non aveva altro da aggiungere. D’altro canto, lui voleva disperatamente dirle che non gliene importava nulla dei Miller, che non si sentiva ostacolato da Matt e dalla sua università prestigiosa; che soldi, fumetti e caramelle non era ciò che desiderava. Brendan voleva solamente essere lasciato in pace: voleva restare al S. Christopher, in compagnia dei suoi amici e di Miss Potter, l’unica madre che avesse mai avuto, ma non proferì parola, ancorato al ruolo che si era costruito. Non parlava mai quando lo portavano a fare i colloqui d’adozione, sapendo che non comunicare l’avrebbe quasi sicuramente tolto dalla lista dei contendenti: raramente qualcuno voleva un automa come figlio.
    Brendan studiò a lungo il volto della donna sedutagli davanti, le ombre scure che le folte ciglia le gettavano sulle palpebre, la vena sul collo che si muoveva su e giù a ogni respiro; attendendo che qualcosa rompesse quell’immobilità che aveva abbracciato la stanza, che l’assistente sociale gli dicesse che poteva tornare a casa, che non doveva andare da nessuna parte se non lo voleva. Poi lei fece scivolare indietro la sedia fino ad alzarsi, voltandosi a parlare con il niente.
    «Bene. Se questa è la tua decisione, abbiamo finito qui. Puoi dire a Kirk di portarti via.»

    Il viaggio verso l’orfanotrofio fu incredibilmente breve: l’attimo prima stavano uscendo dal parcheggio a fianco dell’ufficio delle assistenti sociali, l’attimo dopo percorrevano la via del S. Christopher, sfilando davanti agli edifici a passo d’uomo. Più volte, durante il tragitto, Kirk era stato sul punto di dire qualcosa, ma tutte le volte aveva preferito tacere, limitandosi a lanciare occhiate indecifrabili in direzione di Brendan, che aveva tenuto lo sguardo incollato al finestrino e si era tormentato le mani fino a farsi venire i crampi. Era agitato da quello che avrebbe trovato al suo ritorno.
    Lizzie e Frankie sarebbero stati contenti di rivederlo o avrebbero preferito per lui un futuro in una famiglia amorevole? E Miss Potter? Sarebbe rimasta delusa dal suo comportamento o lieta di sapere che preferiva le sue cure a quelle di chiunque altra?
    Lasciarono l’auto nello spiazzo a loro riservato, e Brendan si preparò a scendere, ma, prima che le sue dita azionassero la portiera, Kirk parlò.
    «Sei un bravo ragazzo, Brendan. Siamo fortunati ad averti qui.»
    Fu una sorpresa per lui. Kirk non parlava quasi mai, se non con Miss Potter, e le rare volte che lo faceva era solo per dare delle indicazioni o intimare ai ragazzi di non correre sul pavimento bagnato, di non stare svegli oltre l’orario della buonanotte e, per nessun motivo, nemmeno il più innocente, di scendere nei sotterranei. Non aveva mai espresso commenti su qualcuno di loro, e Brendan ne rimase stupito e allo stesso tempo imbarazzato. Non avrebbe mai pensato che Kirk potesse giudicare una fortuna averlo tra i piedi tutto il tempo.
    Si passò una mano fra i capelli, un gesto automatico che compieva ogni qualvolta si sentiva in soggezione, e mormorò un grazie, uscendo dalla vettura e incamminandosi verso il cancello.
    Il suo umore migliorò ulteriormente quando individuò i suoi amici ad aspettarlo sulle scalette. R.J. era seduto stravaccato, con l’immancabile sigaretta a pendergli dalle labbra, mentre Lizzie e Frankie, che non fumavano, succhiavano un lecca lecca, gli occhi fissi su di lui.
    «Sei tornato» gli disse Lizzie quando finalmente li raggiunse.
    «Dispiaciuta?»
    Lei fece spallucce.
    «Un po’» rispose, ma si capiva che non era vero.
    «Non ti hanno voluto?» s’intromise Frankie, osservandolo dietro le lenti degli occhiali.
    «Nah, sono io che non ho voluto loro.»
    Brendan si scambiò con R.J. un sorrisetto che la diceva lunga e una stretta di mano in segno del loro vecchio accordo di non lasciarsi mai, a meno che la situazione non fosse così drastica da non comprendere altre alternative. Esattamente su quelle stesse scalette, tre anni orsono, si erano ripromessi che, nel limite delle loro possibilità, non avrebbero mai e poi mai abbandonato l’orfanotrofio prima del previsto.
    «Voi siete la mia famiglia, questa è la mia casa. Non vado proprio da nessuna parte.» disse ancora, convinto fino all’ultimo delle parole appena pronunciate.


     
    Top
    .
0 replies since 11/5/2014, 16:59   45 views
  Share  
.